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Quando il mare bagnava il palazzo Papale o della piattaforma Altolazio 2.0

17 agosto 2014
Una scena tratta dai Vitelloni

Una scena tratta dai Vitelloni di Fellini

Viterbo – Piattaforma Altolazio 2.0. Ecco ci mettiamo in gioco ancora una volta. Come testata giornalistica multimediale e non solo. Sì, ancora una volta, vogliamo vedere se anche oggi ci sia una qualche possibilità di volare. E ci rivolgiamo a quel pezzo di Tuscia che fa impresa, che lavora, che inventa ogni giorno un modo non per sbarcare il lunario, ma per progettare il proprio futuro e con esso quello del territorio.

Premessa e assioma: ormai è chiaro che le varie amministrazioni pubbliche (comune, provincia, regione e stato) quando va bene non sanno fare nulla e quando va meno bene danneggiano i territori e in particolare la Tuscia. Un esempio per tutti, Zingaretti, la sua giunta regionale. Un esempio nell’esempio l’assessora, si fa per dire, alla Cultura Lidia Ravera che punta a trattarci come sudditi e a danneggiare pesantemente la Tuscia.

Non solo fanno danni ma quando qualcuno glieli fa notare o non rispondono come fa Zingaretti, o rispondono con i toni della più classica razza padrona. Non parliamo poi dei consiglieri regionali inutili e privi di qualsiasi idea. Non hanno neppure capito che senza un assessore viterbese, la Tuscia è tagliata fuori da tutto ed è costretta a elemosinare le briciole che cadono dal tavolo della capitale. Non parliamo degli altri livelli amministrativi per carità di patria… Non che siano cattivi… Magari! E’ che non sanno che fare.

La tirata finisce qui, lasciamo che questi morti seppelliscano i morti, come diceva un intellettuale ebreo errante qualche tempo fa.

Torniamo alla Piattaforma Altolazio 2.0. Una piattaforma aperta, che si rivolge soprattutto ai produttori, lo ripetiamo. Una piattaforma aperta di cui svilupperemo le prime linee guida.

Premessa storica: negli anni Settanta i nostri avi, perlopiù contadini, si erano inventati una cosa che si chiamava Vertenza Altolazio o Piattaforma Altolazio. L’idea era quella di chiarire quali fossero le priorità per sviluppare la Tuscia. Vado a braccio. Probabilmente ci furono riunioni tra amministrazioni, partiti e sindacati e si individuarono le priorità. Sempre a braccio, ci sarà stato dentro il raddoppio della Cassia, l’interporto di Orte, i collegamenti ferroviari, la centrale di Montalto, il rilancio del settore agricolo, lo sviluppo del distretto ceramico di Civita e poi si sarà aggiunta l’università.

Forse i punti non saranno stati proprio questi, ma la sostanza non cambia. La piattaforma era utile per tutti. Era il quadro dentro al quale tutti si muovevano nel progettare e rivendicare. Qualcosa è stato fatto, qualcosa era sbagliato.  Ma insomma, sul piano metodologico la cosa ha un senso. Ricordo ancora le manifestazioni sindacali con lo striscione con su scritto proprio “Vertenza Altolazio”.

Ora pensiamo che sia tempo di varare una nuova piattaforma. Una piattaforma che abbia il coraggio di puntare sull’iniziativa privata, che si basi sui cervelli e sulle mani che lavorano sul territorio e che hanno dato vita a qualcosa di concreto. Che coinvolga, se ne hanno voglia, pezzi di università. Quelli funzionanti ovviamente e che potrebbero avere ricadute concrete.

Diamo per scontato che alcune infrastrutture dovranno essere pur fatte: trasversale, Cassia, ferrovie. Ma le nuova piattaforma non punterà sugli atomi ma sui bit. Nicholas Negroponte, quando lo incontrammo a Milano, ci disse più o meno: “Il mondo dei bit è fatto apposta per voi italiani”. E allora, tanto più è necessaria anche per noi una piattaforma 2.0. Una piattaforma che dovrà individuare le nuove infrastrutture culturali necessarie per la città e per la Tuscia tutta.

E invece di strade, la prima rivendicazione è quella di creare autostrade informatiche che ci permettano di usare la rete al massimo delle velocità. E poi la diffusione in ogni comune di connessioni wireless gratuite. La creazione di un modello modulare di smart city che si basi sulla green economy. A volte aver saltato la fase dell’industrializzazione può essere utile. Qui, però, ci vuole la competenza di chi già ha studiato la questione. A Viterbo non mancano le persone e le strutture giuste. Il problema è che, vista la totale assenza delle amministrazioni, la questione dovrà essere affrontata dai privati. Come dire dobbiamo fare da soli, sperando che le amministrazioni non giochino contro.

E poi va usata la rete nella maniera più efficace possibile. E qui ovviamente non si tratta di creare un portalino statico di presentazione di Viterbo e della Tuscia, che a dire il vero non esiste, almeno di livello. Quella che va creata è una infrastruttura web che abbia tutta la potenza dell’interazione, dei social network, della multimedialità, della comunicazione uno a uno istantanea, dell’aggiornamento in tempo reale… Tutte cose che fino a qualche anno fa erano scatole vuote, ma che ora sappiamo perfettamente maneggiare. Sono tecnologie ormai mature. Quello che va creato è un sistema web di comunicazione, che abbia come scopo quello di comunicare fuori dalle mura con la capitale, con Milano, Londra o New York…

Una infrastruttura che prevede una redazione vera che operi 24 ore su 24 con professionisti che sanno cosa stanno facendo.

Fin qui le infrastrutture principali. Che dovrebbero essere la testa del tutto.

Passiamo a costruire qualcosa in quello che Popper chiama Mondo tre. Passiamo ai contenuti infrastrutturali, come ci piace chiamarli. Immaginate che la Tuscia e Viterbo siano una zuppa inglese. Un torta fatta a strati. Ecco, come gran parte dei territori italiani densi di storia, anche la Tuscia e Viterbo è frutto di una stratificazione storica di estremo interesse.

Ogni strato è allo stesso tempo un circuito culturale – turistico – scientifico, come dire un mondo, e anche un vero e proprio brand da diffondere.

Iniziamo dalla torta più piccola: Viterbo.

Lo strato più antico è anche il più potente mediaticamente, non stiamo qui a spiegare il perché. E’ lo strato degli Etruschi e dei popoli preestruschi. Se avessimo avuto una classe dirigente seria, solo su questo strato si poteva costruire una intera economia, non è andata così. Viterbo vanta due necropoli etrusche rupestri di una bellezza imbarazzante, il museo nazionale… e molto altro.  Un esempio? Le meravigliose tagliate etrusche che segnano tutto il nostro territorio. Una nostra tagliata varrebbe un viaggio da Londra..

Subito dopo viene un altro pezzo forte e più classico: la città medioevale delle fontane, delle torri e dei profferli. Con tre o quattro monumenti centrali. A partire dalle mura castellane. E poi Santa Maria Nuova, piazza San Lorenzo, piazza San Pellegrino. Ma anche il brulichio di vie medioevali dei quartieri San Pellegrino e Pianoscarano… o il delizioso borgo di  Bagnaia. Tutta roba che sul mercato turistico – culturale vale oro.

Andiamo oltre: la città dei papi. Vecchio brand che fino a poco tempo fa poteva sembrare usurato, ma che ora con papa Francesco, che sul piano mediatico turistico tira come un uragano, deve riessere usato a piene mani. Non spieghiamo come, ma un centinaio di idee le abbiamo.

Ora andiamo un po’ più in fretta.

Quarto strato: la città rinascimentale e barocca. Basti pensare a Villa Lante.

Quinto: la città delle macchine portate a spalla. A Viterbo oltre alla macchina di Santa Rosa, c’è quella di Santa Maria Liberatrice, seicentesca e bellissima, e ci sono svariati trasporti dalla Madonna del Carmelo al Santissimo Salvatore. E poi ci sono state macchine da recuperare sparite nei meandri della storia. O le minimacchine…

Sesto strato: la città dei sapori. Basta ricordare: l’acquacotta, la susanella, i maccheroni con le noci, la pizza di pasqua e sua eccellenza la porchetta, portata col vino Est, Est, Est, alle olimpiadi di Monaco. Insomma sapori che fanno la storia e che non possono essere dimenticati.

Settimo: Viterbo città dei teatri e dei festival. Poche parole: Unione, San Leonardo, Ferento… Tuscia operafestival, Caffeina, Tuscia Film fest…

Infine lo strato a cui teniamo di più: Viterbo città del cinema e del… mare. Anche un idiota avrebbe sfruttato il fatto che questa è la città di Fellini, Blasetti, Rosi, Zampa, Monicelli, Orson Welles… Questi grandi della fantasia ci hanno regalato immagini incredibili della città. Nei Vitelloni, il vecchio regista e teatrante, che si vuole fare l’aspirante drammaturgo di provincia, a piazza delle erbe chiede: “Dove è il mare? Andiamo al mare”, o qualcosa del genere. Dieci passi lungo il corso e, magia del cinema, si arriva in una spiaggia. Come non usare Fellini e questa incredibile immagine per “vendere” Viterbo nel Mondo? E allo stesso modo: come non usare l’immagine del palazzo papale, che ha sullo sfondo, dietro le bifore, il mare? Immagine dell’Otello di Orson Welles. Viterbo è stata ed è città del cinema e non esiste neppure un ufficio ad hoc per un regista che volesse venire a girare in città. Non esiste un itinerario turistico multimediale… Quando si dice la cialtroneria… Ma lasciamo stare…

Ora immaginate questi strati uno sopra l’altro con circuiti turistici – culturali orizzontali, ma anche con dei fili rossi che uniscono in vario modo i diversi punti dei vari strati. Chessò con un filo rosso che unisce sui vari strati la città dei misteri…la città dell’immaginario… lacittà dell’erotismo e del piacere

Fin qui la città. Ma la stessa operazione va fatta per tutta la Tuscia cercando vecchi e nuovi brand e circuiti turistico culturali.

Ora la torta è più ampia ma anche più interessante. E qui andiamo proprio di corsa.

Il primo strato di pan di Spagna questa volta però è ancora più antico. E dato dalle bellezze naturali. Tuscia terra di laghi, mare, pianure e montagne. Un circuito naturalistico di tutto rispetto che va dal lago di Vico alla Faggeta. Ci manca solo l’alta montagna.

Secondo: la terra degli Etruschi. E qui c’è poco da spiegare si va da Tarquinia a Viterbo. Da Vulci a Sutri. Il brand Etruschi ha una potenza di fascino e mistero secondo solo agli Egizi. Che dire: questo è oro puro. E coinvolti sono molti dei paesi della Tuscia. Per vedere tutto ci vogliono giorni. Altro che turisti mordi e fuggi.

Terzo: la Tuscia terra di itinerari religiosi. Dalla Francigena alla via dell’esilio di Santa Rosa.

Quarto: i castelli della Tuscia. La provincia è molto più bella della Loira da questo punto di vista. E questo brand non è stato mai usato sul serio.

Quinto: la Tuscia medievale, rinascimentale e barocca. Qui gli strati sono tre. Pochi nomi Viterbo, Tarquinia, Caprarola, Bomarzo, Villa Lante, Forte Sangallo a Civita…

Sesto: Tuscia terra dei sapori contadini: la porchetta, le anguille marinate, l’acquacotta, il coregone, i maccheroni con le noci, i salumi e dolci tipici. Gli oli, i vini.

Settimo: Tuscia set cinematografico. I film girati in provincia sono alcune centinaia. Tra i grandi registi Fellini e Pasolini. Nel Mondo, dalla Cina agli Usa, tutti conoscono Fellini, noi siamo stati il suo set, come si fa a tenerlo nascosto?

Ovviamente gli strati, i circuiti, i pacchetti turistico – culturali possono essere molti di più e si intersecano in vario modo. Il problema è trovare chi tenga le redini del tutto e chi si metta a lavorare sui vari circuiti. Ultimamente a Viterbo c’è chi ha iniziato a lavorare su alcuni aspetti e, da quello che si è capito, fortunatamente, ha iniziato a fare impresa col turismo. Ora si tratta di analizzare le iniziative che funzionano, capire se sono riproducibili, farle interagire tra di loro. Facendo capire che una iniziativa non lede l’altra, anzi la rafforza. Come dire: diamo vita a un distretto non industriale ma di iniziative turistico – culturali. Le infrastrutture si dovranno adeguare. Tutto il sistema di ricezione e accoglienza dovrà gradualmente crescere. Gli atomi si dovranno adeguare ai bit. I “cantieri culturali” in Mondo tre faranno sorgere cantieri in Mondo uno. Con buona pace del buon vecchio Marx.

Carlo Galeotti

 

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