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Viterbo - Possibili soluzioni per migliorare il traffico in città
Il punto è evitare di prendere l'auto...
di Francesco Mattioli
Viterbo - 4 agosto 2010 - ore 1,30

Francesco Mattioli
- Caro direttore,

svelenire il clima che si è creato sulle piste ciclabili mi sembra che debba essere oggi l’obiettivo primario, perché sono tuttora convinto che molti cittadini viterbesi (tranne forse gli automobilisti più irriducibili) siano favorevoli in linea di massima a soluzioni del genere.

Il fatto è che la vera polemica nasce da almeno due diversi focolai di conflitto: innanzitutto, da una diversa visione delle priorità, e questo ci può stare; in secondo luogo, da un difetto di comunicazione che comporta disinformazione, equivoci, difficoltà a mettere le cose in chiaro, e questo è un peccato.

Guardiamo alle priorità. Limitandoci al traffico e alla protezione dell’ambiente, c’è da dire che da molto tempo si combatte a Viterbo per una effettiva chiusura del centro storico, almeno quello di pregio: ma se vent’anni fa i negozianti erano contrari, oggi si sono resi conto che ove il provvedimento sia accompagnato da una più incisiva filosofia dei parcheggi e dei trasporti pubblici, diventa un valore aggiunto per il commercio al dettaglio.

L’idea sarebbe quella di far diventare il centro storico di Viterbo una sorta di “centro commerciale” attrezzato, capace di attirare pubblico, e in grado di proporre un’offerta di qualità sia sul piano economico che sul piano culturale. Esperimenti del genere sono stati effettuati con successo in numerosi centri di grande livello turistico e culturale in Italia e all’estero: sarebbe opportuno trarne esempio.

Certo, qualche sacrificio è necessario: per i residenti, che dovrebbero subire un regime dei parcheggi e degli spostamenti abbastanza vincolante; per il popolo del sabato sera, che non potrebbe arrivare in macchina fin dentro i pub e le pizzerie; nel caso di Viterbo, inoltre, forse sarebbe necessario trivellare la Valle di Faul con un parcheggio coperto a gestione inevitabilmente privata (ma non ci sarebbe scempio urbanistico e paesaggistico: si veda Villa Borghese a Roma), e forse sarebbe auspicabile anche un ascensore verso piazza San Lorenzo. Per carità: su tutto ciò, il dibattito è in corso e va arricchito di ulteriori ipotesi costruttive.

L’altra priorità è quella del manto stradale: non tanto, o non solo, perché mette a dura prova le pur robuste sospensioni delle moderne automobili, ma perché diventa un killer per il traffico a due ruote: uno dei pericoli che i giovani viterbesi temono di più, infatti, è il manto stradale dissestato. Ci sono dati di ricerca in corso di elaborazione da parte dello Sportello Sicurezza del Comune che lo confermano.

Una terza priorità è costituita dal verde pubblico: accessibile, mantenuto e valorizzato nel tempo, utile sia a fini estetici (che comunque vanno tenuti in considerazione, ce lo insegna l’arte del giardino fin dai tempi del rinascimento), sia a fini ambientali, sia a scopi sociali. Non quello dei fiorellini (anzi, non solo), ma anche quello di parchi, dei giardini, degli alberi nei viali, ecc.

La chiave di volta tuttavia, per affrontare positivamente i pericoli del traffico e per l’inquinamento ambientale, è costituita dalla riduzione del traffico automobilistico.

Qui il problema è enorme: perché, diversamente dalle città di pianura del norditalia o dalle metropoli, Viterbo non ha una cultura del mezzo pubblico, e tanto meno della bicicletta: per i viterbesi andare in macchina significa ostentare uno status symbol, ma anche sentirsi liberi, autonomi, pratici. Fateci caso: sui bus urbani vanno soltanto anziani, ragazzi e immigrati, tutta gente non avvezza al mezzo proprio.

Per indurre i viterbesi a fare a meno quanto più possibile dell’automobile, sarebbe necessario ricorrere alle maniere forti, rendendo la vita dura agli automobilisti, che però sono tartassati dalla benzina e dalle assicurazioni più care d’Europa e si sentono già sotto schiaffo per questo.

Il fatto è che lo stato sta erogando fondi per incrementare l’uso di veicoli non inquinanti: bus elettrici, a metano, ma anche esperimenti di bike sharing che utilizzano fonti rinnovabili (le bici elettriche, che si affittano a pochi euro, prendendole in una stazione e lasciandole in un’altra, si ricaricano con impianti fotovoltaici).

Questo progetto è stato benedetto da tutte le associazioni ambientaliste. Compito di una qualunque amministrazione impegnata nella riduzione del traffico e dell’inquinamento è quindi quello di approfittare del momento, finché è possibile, per dotarsi con fondi statali di uno strumento che possa contribuire alla bisogna.

Uno strumento che ha valenze epocali, perché inverte un vero e proprio modello sociale ed economico basato sul trasporto privato a motore. Ora, è chiaro che, in questi casi, le priorità possono anche subire delle inversioni, temporanee e parziali: l’importante è che tutti i provvedimenti marcino nella stessa direzione. Per accedere ai finanziamenti di bike sharing, ad esempio, è necessario comprovare l’impegno dell’amministrazione locale a dotare la città di piste ciclabili, ad individuare percorsi di pregio ambientale e storico-culturale, a favorire l’interscambio tra bici e mezzo pubblico, ma anche a sviluppare il servizio pubblico, a migliorare la viabilità, a garantire i pedoni, a supportare il turismo, ecc.

Per tali motivi, ad esempio, sarebbe opportuno progettare piste ciclabili che raggiungono la zona termale, la zona archeologica di Castel d’Asso, che effettuano il giro delle mura urbiche, che collegano Viterbo alle zone di pregio de La Quercia (Basilica) e Bagnaia (Villa Lante), ma anche che uniscono i quartieri periferici al centro, ad esempio una direttrice Poggino – Villanova - Centro e una Santa Barbara – Ellera; inoltre, senza che sia necessario tracciare fisicamente un percorso, tutto il centro storico meriterebbe di essere un’area ciclabile sicura.

Non spaventi comunque l’altimetria: a parte i più sportivi, che con le mountain bike scalano qualsiasi salita, va ricordato che le bici del bike-sharing hanno la pedalata assistita, cioè aiutata da un motore elettrico. Il vero problema è un altro: sarebbero disposti gli automobilisti a rinunciare a un pezzo di strada finora di loro esclusivo godimento? C’è, nella mentalità viterbese, questa disponibilità al nuovo?

Attenzione, sono interrogativi che possono essere rivolti a noi stessi, a tutti, nessuno escluso…

In ogni caso, credo che se il problema viene posto in questi termini, senza rinunciare a reclamare strade sicure, maggiore igiene pubblica e parchi attrezzati, il discorso sulle piste ciclabili possa essere condiviso, almeno da coloro che da anni si battono per una città meno inquinata, più sicura e anche più valorizzata sul piano turistico; e possano essere condivise quelle iniziative del Comune di Viterbo che portino alla realizzazione di progetti del genere, senza preclusioni personali o ideologiche.

Sul secondo punto, la comunicazione, probabilmente tutti hanno torto e tutti hanno ragione. Nel senso che l’ente locale ha mancato di dare informazioni adeguate ai cittadini (ma sulla comunicazione pubblica in Italia, il problema è aperto da anni e non è stato risolto neppure dai comuni più “virtuosi”).

A loro volta, alcuni cittadini forse hanno focalizzato l’attenzione solo su alcuni problemi che stavano loro personalmente a cuore, senza considerare adeguatamente prospettive di più ampio respiro; in qualche altro caso nel dibattito i tratti caratteriali hanno preso il sopravvento sulla moderazione; certamente si è fatta sentire la contrapposizione ideologica, che sfocia nel pregiudizio secondo cui chi la pensa diversamente da te o è uno stupido o è in malafede.

Su questi ultimi punti, mi permetto per motivi professionali (quaranta anni di studi sulla comunicazione sociale e di osservazione partecipante delle vicende viterbesi) di essere abbastanza certo di quanto vado dicendo e di non vivere affatto su qualche lontana galassia.

Anche se ovviamente, ammetto senza ombra dubbio di aver io stesso contribuito a creare - magari assieme a Lupo Solitario, che forse non si è reso conto di stare dalla mia stessa parte della barricata - più con la vis polemica che con un esauriente informazione, un’eccessiva animosità sul tema delle piste ciclabili.

Con questo mio intervento – con cui chiudo per quel che mi concerne la questione – spero di aver contribuito a fare chiarezza sul problema, a ristabilire un livello di informazione condiviso, a fornire le basi per un diverso tipo di discussione, e soprattutto a ridimensionare un dibattito che in qualche caso, e da ambo le parti, ha finito per travalicare i limiti del buon gusto. Si può – e si deve - discutere su tutto: ma facendolo con i dati e le opinioni, piuttosto che con gli insulti, la discussione diventa più intelligente e, soprattutto, più costruttiva.

Ti ringrazio dell’ospitalità che vorrai concedere a questo lungo intervento e spero che condividerai, a parte il contenuto, almeno l’intento.

Francesco Mattioli
Professore ordinario di Sociologia alla Sapienza
Direttore del gruppo di studio sulla Sicurezza orbana del dipartimento di comunicazione e ricerca sociale
Ex assessore alla Cultura e al Turismo della Provincia di Viterbo


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