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Tuscia Operafestival - Ieri sera l'esibizione di Bollani all'Arena di Valle Faul - Fotocronaca - Fotogallery
Genio di energia e improvvisazione
di Paola Pierdomenico
Viterbo - 1 agosto 2010 - ore 2,30

Strabiliante Bollani
Slideshow

Le immagini del concerto di stefano Bollani all'arena di Valle Faul
Bollani con il maestro Stefano Vignati
Bollani e Giulia Arcangeli
Il sindaco Giulio Marini, il presidente della Provincia Marcello Meroi e l'assessore Giovanni Arena tra il pubblico del concerto
Lo psicologo Massimo Formicoli
- Improvvisazione. Ironia. Energia travolgente.

Stefano Bollani ieri sera ha stregato l'arena di Valle Faul. Quasi mille persone sono venute ad ascoltare i pezzi del pianista jazz italiano.

Bollani è salito sul palco dell'Arena a soli quattro giorni dall'esibizione di un altro grande pianista italiano: Giovanni Allevi. La differenza, però, si è sentita dalle prime note. Si è passati dagli accordi dolci e leggeri del maestro piceno, tutt'uno con il suo strumento, alle note ritmate e coinvolgenti di quello milanese.

Bollani ha suonato con le mani, con il corpo, con la voce e qualche volta gli ci è scappata pure qualche gomitata.

Il pianista è entrato senza nessuna presentazione. E' stata la musica a introdurlo. Il primo brano che ha eseguito è una colonna sonora dai toni tristi, Rosemary's baby. “Finito il mio momento Naomi Campbell – esordisce il maestro dopo l'esecuzione dell'unico brano in cui si è reso disponibile ai fotografi – inizia lo spettacolo”.

Saltella sul banchetto, muove il bacino e con il corpo sembra letteralmente tuffarsi sulla tastiera del pianoforte. Si muove disarticolato e sembra mettere le mani a caso, ma gli accordi si accompagnano perfettamente tra loro, creando musica. E così che si conclude il primo pezzo.

Poi si passa al secondo. Ed ecco la novità: accompagna il brano, fischiettandone il motivo. Si continua con un omaggio al Brasile con due pezzi: uno choro e una samba, “tanto per dare una assaggio di questo paese”, come spiega lo stesso maestro.

Nella sua performance, Bollani non è solo con il pianoforte. Spesso si rivolge al pubblico. “In conservatorio – dice mentre continua a suonare un pezzo – si lavora sull'indipendenza degli arti. Quando uno ci lavora troppo, poi diventano eccessivamente indipendenti. Fanno da sé e ti chiedono le chiavi di casa.

Stasera alla mano sinistra – afferma con ironia continuando a suonare lo stesso accordo ripetutamente – le è presa così”. Poi si ferma. “E la mano sinistra – spiega scherzoso – è quella più importante”.

Dopo la parentesi sudamericana è la volta di un grande maestro. Bollani, infatti, esegue Amarsi un po' di Lucio Battisti. E lo fa senza introdurla. Tra il pubblico si alza un vociare. Ci si chiede se sia davvero quella. Solo a conclusione del brano il maestro svela il mistero, confermando l'intuizione degli spettatori.

Elemento in più del suo concerto piano solo è la voce. Spesso, infatti, il pianista si improvvisa cantante, come quando esegue “Che cosa sono le nuvole” di Domenico Modugno su testo di Pasolini. “Una di quelle canzoni che chiunque vorrebbe aver scritto”, commenta a fine esecuzione.

Dopo arrivano due suoi brani: Il barbone di Siviglia e Buzzillare. “Grandi titoli”, dice ironicamente. E poi un altro omaggio a un grande della musica italiana. “Voglio dedicare questa canzone – spiega Bollani – a una persona che ho conosciuto poco, un solo pomeriggio. Ha scritto diverse colonne sonore e canzoni ed è stato un personaggio televisivo. Ha lasciato una serie di perle. Aveva una bella mano jazz. Ed è così che parte Legata a uno scoglio di Lelio Luttazzi.

Chiude la prima parte del concerto una versione jazz di Dancing cheek to cheek. Poi il maestro si alza, ringrazia, inchinandosi, e se ne va. Il pubblico lo richiama. Il concerto non può finire senza nemmeno un preavviso.

E infatti non è così. Bollani rientra. “Adesso è il momento del bis – dice -. Una perfomance che durerà 85 minuti”. E scoppia la risata del pubblico.

“No scherzo – continua -. Adesso vi chiedo di farmi delle richieste, una decina di canzoni da cui farò un medley. Però dovrete urlare i titoli”. Ed è così che il pubblico inizia a proporre brani: Per Elisa, i Beatles, Il domatore di pulci, Crudelia Demon. E ancora Boogie Boogie, Estate e Copacabana. Ma la reazione più buffa del maestro è di fronte alla richiesta di un pezzo di Allevi.

Si inizia, comunque, con Michelle dei Beatles ai cui accordi senza nemmeno accorgersene si fondono quelli di Per Elisa. Poi passa a Crudelia Demon, ma ritornano ancora gli accordi iniziali del brano di Beethoven. Nessun deejay avrebbe saputo mixare meglio pezzi tanto lontani tra loro.

Il meglio, però, deve ancora venire. A un certo punto partono gli accordi di Come sei veramente di Allevi. O almeno Bollani prova ad accennarli. Non ce la fa. Si alza dal banchetto e salutando se ne va, provocando le risate del pubblico divertito. Insomma una piccola e deliziosa "sceneggiata".

Ma rientra e non si dà per vinto. Ci riprova. Lo imita. Prima rigido sul banchetto, poi completamente piegato sulla tastiera. Esegue di nuovo il pezzo. Lo velocizza, come a volersi togliere in fretta questo dente malato. Alza gli occhi al cielo. Proprio non ce la fa e chiude la tastiera, accarezzando il piano. Dopo la riapre e parte la musica. Inizia il brano di Allevi, inframezzato con il motivo di Profondo rosso. Come da richiesta.

Oltre a eseguire, Bollani ha interpretato i pezzi che ha suonato, imitando i cantanti che li hanno fatti prima di lui. Come quando si è cimentato nel brano Copacabana, riproducendo esattamente lo stile di Paolo Conte. “Non capisco perché Conte non la voglia cantare”, dice ironico.

E inizia a farfugliare delle parole incomprensibili, scandendo di tanto in tanto Copacabana e provocando la reazione divertita del pubblico. Oppure quando ha cantato una canzone brasiliana con un perfetto accento.

Ma il pezzo migliore arriva con l'esecuzione di Mafalda interpretata da un Bollani-Fred Bongusto. Una performance carica di sarcasmo. “Prima di andare via, permettetemi – dice rivolgendosi serio al pubblico – di fare questa... - e si prende del tempo per pensare al termine giusto – beh sì questa cagata”.

E inizia il pezzo. Sembra quasi che sia davvero Bongusto a essere salito sul palco. “Questa è una canzone sceneggiata – dice dopo i primi momenti -, con un assolo jazz di venti minuti. Un po' come quelle di autori francesi tipo Trenet o Berlusconì...”. E scoppia la risata del pubblico. “Ma perché dovete ridere ogni volta che si nomina Trenet?”, dice.

La performance è andata avanti per oltre due ore. Bollani alla fine si è avvicinato di nuovo al suo pianoforte per eseguire l'ultima canzone della serata. E' The man I love di George e Ira Gershwin che ha chiuso il concerto dell'arena.


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